Pensieri. Pensieri semplicemente sparsi.

Voglio scrivere queste due righe che si annovereranno tra “Discorsi misti”, di non ben definita collocazione. Pensavo: Bello il progetto “Racconto della quarantena”, ma è un racconto immaginario che si evolverà a modo suo come un romanzo distopico.
Adesso, però, vorrei ritagliare uno spazietto di realtà e condividere con voi il mio pensiero.

La mia paura più grande da quando ho memoria e parlo di fobie reali perché il “Babau” lo annovero tra le paure infantili; è sempre stata la guerra. Quel 11 Settembre non avevo capito cosa stesse succedendo ero tra le 12enni degli anni 2000 nate tra la fine degli anni 80 e l’inizio dei 90 che a 12 anni non sono ragazzine e/o donne, come adesso; cambiano i tempi, la tecnologia, la modernità, la società, l’educazione e si cresce prima. Ero ancora un’acerba 12enne che aveva iniziato a fare le prime uscite pomeridiane con le amiche per andare in oratorio e per il resto passava il tempo a guardare i cartoni. Avevo la TV accesa su Italia uno, non ricordo che cartoni animati dessero ai tempi, attendevo “Bim bum bam” e invece edizione straordinaria di Studio aperto, fumo e torri. Pensavo: “Ma che palle oggi non trasmettono regolarmente?”, ricordo che ero particolarmente irritata, non avevo seguito, capito cosa succedeva perché la TV era senza volume non ricordo se prima di Bim bum bam dessero repliche di qualche telefilm che non mi interessava o il programma “Non era la rai” redesign del famoso cult fatto di spezzoni e interviste. Stavo leggendo WITCH un fumetto che andava tantissimo tra le teen, parlava di queste ragazze che scoprono di avere dei poteri magici legati ad uno dei 4 elementi (la sto buttando sul semplice), un po’ leggevo e un po’, va bene lo ammetto! Stavo colorando! Mi ero messa nei giorni prima alla finestra a tracopiare i disegni dell’adorato fumetto per poi colorarli. Non ricordo se fosse o meno già iniziata la scuola, credo di no, dovevo iniziare la seconda media. Non ricordo a che ora, forse le 17, mi vedevo con la mia amica Chiara all’oratorio, merenda, passeggiata e chiacchiere (molte delle quali incentrate sul fumetto e come secondo noi si sarebbe evoluto). Le nostre case erano separate da un semaforo di un grande incrocio, ed era il punto di incontro per poi andare all’oratorio. Appena mi vide esclamò: “Ma hai visto quello che è successo?!” e io irritata: “Ho visto che non hanno dato i cartoni!!!”, alchè iniziò a raccontarmi gli eventi appena successi. Lì per lì non ci diedi molto peso e anzi, dopo il suo minuzioso racconto persino a Chiara si spente la scintilla della novità e tornammo alle nostre solite pratiche. Nei giorni successivi però si parlava tanto di guerra, mio papà era stato richiamato per la guerra del Golfo visto che aveva, in gioventù, avuto una carriera militare e nonostante fosse in pensione da parecchi anni e non più giovane avevo persino ansia che o lui o mio fratello, che aveva fatto semplicemente il militare obbligatorio, potessero essere richiamati. Da lì iniziai ad aver davvero paura della guerra! Mi dicevo: “Se c’è una guerra può succedere di tutto, possono morire i tuoi cari, la tua famiglia, gli amici… E poi… Come vado avanti? E magari non puoi nemmeno dar loro un ultimo saluto, fare un funerale, terribile!”, tremavo all’idea.

Gli anni sono poi passati e guerre ne ho “viste” da lontano, sulla pelle degli altri riportate dai mass media. Sono poi successe tante cose… A 20 ho perso mio papà per un tumore fulminante, tre mesi bruttissimi, poco prima che morisse la diagnosi di sclerosi multipla e il giorno dopo, ma proprio il giorno dopo la sua morte avevo uno degli esami più importanti per confermare la diagnosi. Con poche ore di sonno addosso e il mio consueto color lavandino mi presentai alla visita, ricordo che l’infermiera mi chiese se fossi spaventata, risposi che poche ore prima era mancato mio papà, abbastanza sconvolta mi disse: “Se vuoi rimandiamo”, io le dissi di non preoccuparsi e feci l’esame. Qualche ora dopo eravamo da “Giubileo”, vista la vicinanza con le Molinette, io mia mamma e mio fratello; alla scelta della bara quando il tizio ci portò in quella stanza piena di bare mi sentii male. Tornata a casa, però, ricordo una cosa tenera: scrissi alla mia allora ragazza, ora moglie, “Puzzo, faccio schifo e vorrei solo buttarmi in un letto, non mi faresti nemmeno le coccole da come sono combinata” e lei rispose: “Ti farei le coccole anche se fossi vestita con un sacchetto dell’immondizia!”, io sono l’antitesi del tenero e del romantico, lei lo era diciamo abbastanza, negli anni a forza di star con me si è un po’ rassegnata, ma lo trovai tenero.

I mesi successivi la ricerca di una terapia, gli effetti collaterali delle terapie, la malattia che galoppava, i sintomi della malattia. Non pensai molto alle guerre e la paura di perdere qualcuno si era avverata e nonostante fosse ed è un pugno allo stomaco ed una cicatrice indelebile sulla pelle, si va avanti.

Passano gli anni, i libri pubblicati, il lavoro come maestra, il matrimonio, la brutta ricaduta della malattia che mi tiene in panchina per un paio di anni… Alla TV si continua a sentire di guerre, di stragi, di attentati, sempre sulla pelle degli altri.

Poi si ammala mia mamma gravemente, io avevo 29 anni, la malattia è la stessa, subdola e spietata che si era già portata via papi. Lotta per almeno 6 mesi, negli ultimi diventa molto pesante perché non è più lucida. Siamo io, mia moglie, mio fratello, mia cognata, mia sorella non di sangue e la sua bimba; tutti stretti in un forte dolore e tutti che ormai reagiamo e ci interfacciamo in modo diverso. Siamo nervosi, si litiga e si fa pace. Un periodo da cestinare. Nel mentre non posso continuare la terapia che mi stava finalmente facendo stare bene e l’alternativa è una tosta di terza linea (i malati di sclerosi rabbrividiscono al sentire nominare il cosiddetto terzo livello, significa che sei oltre, che lei corre e un quarto livello di cure attualmente, mentre scrivo questo pezzo, non esiste), ma non ho testa e tempo, dobbiamo pensare a mamma. Lei ci abbandona ad Agosto, al funerale pure poche persone tutto sommato (molti ormai in ferie e a detta loro “Impossibilitati a muoversi, ma tante condoglianze”), molti dei suoi amici sono assenti, lei che si è sempre fatta non in 4 in mille per tutti e loro che non hanno potuto trovare il modo di rientrare dalle ferie, chi con motivazioni più o meno giustificate (non voglio far polemica)…

E poi passa l’anno e inizio a lavorare in un posto nuovo, nelle scuole non riesco, non tengo il passo con i piccoletti e faccio la nuova terapia e sembra di vedere un po’ di luce; non scrivo, non ho molta ispirazione, i progetti di nuovi romanzi abbandonati in una cartella del PC e nelle note dell’Iphone, ma sto bene, si va avanti si respira.

Resta mio fratello, la piccolina che quando parla di “nonna Mela” dice: “È andata in cielo!”, ma in effetti non so bene se ha capito, sa solo che non potrà vederla più e ogni tanto ci chiede conferma: “Ma proprio mai più?” e io e la sua mamma a stento tratteniamo le lacrime! Resta anche lei la mia amica/sorella e mia moglie, siamo rimasti solo noi, ci sosteniamo a vicenda.

Poi arriva un virus che ci obbliga a non vederci e noi rispettiamo le regole: non ci vediamo, io poi che data la terapia sono immuno depressa non esco tranne che per le infusioni in ospedale. Ci facciamo le video chiamate, organizziamo Pasqua su FaceTime, evviva la tecnologia in questo caso e il gruppo “Family” su whatsapp bippa tutto il giorno. Arriva un virus e inizialmente non ti rendi conto, passi le giornate a casa, Netflix, Sky, Amazon Prime, ora anche la piattaforma Disney, libri, smart working, cucinare, mangiare e poi io posso godermi mia moglie di più cosa che nel tran tran del lavoro e del quotidiano magari non fai. Ma arriva questo virus e inizi a leggere notizie di storie strazianti, poi le storie accadono a persone vicine o amiche di tuoi conoscenti…

Ed ecco che la sensazione di: “Che palle perché danno Studio aperto al posto dei cartoni!”, diventa: “Ho paura di una guerra!” e anche se ti senti forte perché hai già perso tanto, hai combattuto battaglie importanti per aver solo 30 anni, il mantra resta: “Non voglio perdere di più, non voglio finire in ospedale da sola!”, che poi probabilmente mi negherebbero anche la terapia intensiva in assenza di posti, ovvio non sono una paziente prioritaria, sono già “compromessa” e poi aggiungi nei tuoi pensieri: “Non voglio che stiano male i miei affetti e gli amici!”; aggrappata con le unghie e con i denti a quelli che restano.

E quindi quella paura, che ormai pensavi lontana, perché tanto le guerre le hai viste, ma sulla pelle degli altri, diventa reale e vivida; graffia e fa male.

Diario della quarantena

Diario della quarantena,

Giorno 370.

Alba di un nuovo giorno, alba solo perché non sono ancora andata a dormire.

Internet è stato disabilitato da due giorni e dato che Neflix, Sky e Amazon Prime non si possono guardare e che sia io che mia moglie ci rifiutiamo di guardare la cosiddetta TV normale che comunque trasmette solo bollettini di morti, contagiati, crimini e tragedie, ci siamo flashate a vedere le stagioni di Streghe in dvd, fantastico acquisto il cofanetto oro che non ci siamo mai cagate per anni.

Cinque giorni fa abbiamo “festeggiato” l’anno di quarantena, che poi anno… Gli studenti erano a casa da molto prima, la data ufficiale della chiusura scuole furono le vacanze di Carnevale 2019, inizialmente tutti felici di stare a casa, poi… Lasciamo stare.

Alcuni di noi nei primi periodi lavoravano ancora, prima che tutto diventasse fuori controllo, i supermercati e le farmacie erano aperti regolarmente, poi la chiusura nei fine settimana e infine l’apertura solo ad orari.

Quindi diciamo che cinque giorni fa abbiamo festeggiato l’anno di quarantena anche se la data cambia da persona a persona, quella ufficiale è quella dello stop alle fabbriche.

Era stato proposto di fare qualcosa di globale per il compleanno della quarantena, ai sei mesi ognuno aveva cucinato una torta e ci eravamo dati appuntamento sul balcone, era Settembre e il tempo era mite, almeno io posso parlare per Torino o diciamo per il Piemonte, era una bella giornata soleggiata, ma non calda, anzi il caldo estivo aveva iniziato a scemare già dopo Ferragosto. Io ero seduta sulla sedia a sdraio, avvolta nel mio scialle di lana, sotto il mio abito estivo tutto colorato lungo fino ai piedi che nascondeva le ciabattine, mi ero vestita per l’evento e mi ero anche messa il rossetto per fare stories e postarle su Instagram. In grembo il piattino rosso di plastica con dentro la torta di mele, piatti avanzati dai banchetti natalizi, quando ancora potevamo fare festeggiamenti con i parenti.

Alcuni avevano stappato bottiglie di spumante lasciando che la schiuma colasse dai balconi. Il messaggio era sempre il medesimo: “Ce la faremo, alla faccia della quarantena noi siamo forti uniti e non ci deprimiamo, piuttosto festeggiamo dei balconi!”, non era un lieto evento sei mesi di quarantena, ma per esorcizzare la situazione e sentirsi meno soli o semplicemente ancora “normali”.

Cinque giorni fa mi sono affacciata al balcone spettinata con i capelli malamente raccolti in un mollettone e in tutona da casa, al mio fianco Nora che fedelmente appena viene aperto il balcone schizza fuori per poter abbaiare ormai non si sa a chi, fuori bidoni dell’immondizia scoperchiati con sacchetti che strabordano e altri a terra, alcune persone affacciate come me per verificare la situazione, ma non con la faccia del “Ce la faremo”, volti stanchi e rassegnati, nessuna luce con torce o cellulari, nessun applauso, nessuno urlo, nessuna voglia di festeggiare. Persino Nora ha osservato il deserto fuori e ha trattenuto l’abbaio nel muso, pareva guardarmi come a chiedermi: “Mamma, ma cosa ci è successo?”, cosa ci è successo cucciola mia? Non lo so… Ad un certo punto abbiamo smesso di esistere semplicemente.

Attualmente la mia preoccupazione maggiore è la montagna di sacchetti di immondizia che ha ormai vita propria sul balcone. L’ordine è di scendere con guanti e mascherina solo uno per volta il Mercoledì mattina tra le ore 9 e le 12, passano poi i militari e buttano tutto; tra l’altro noi stiamo ancora differenziando e buttando dentro o a fianco dei bidoni giusti, chissà se poi viene rispettata o se bruciano tutto insieme nel grande inceneritore da poco allargato con i nostri defunti.

In ogni caso come due sceme ogni cavolo di Mercoledì o ci dimentichiamo di scendere, o stiamo ancora dormendo, o che cavolo ne so e saltiamo la “buttata” settimanale.

Francamente potrei lanciare direttamente dal balcone essendo al primo piano, con un po’ di fortuna potrei raggiungere il mucchio dell’indifferenziata.

La luce non è mai stata tolta, almeno quella, ma la portata è stata abbassata talmente tanto che la lavastoviglie è diventata un ulteriore mobile e il forno non ricordo nemmeno più come si accende. Altro discorso per la lavatrice che comunque lava da sola la notte, quando tutto è spento.

Guardo dalla finestra della camera da letto per tirare giù la tapparella, ora io e mia moglie andremo a dormire, tanto giorno notte, non ha mica importanza; vedo i pallidi raggi di sole di questo Aprile 2021 che cercano di illuminare la strada, ma a differenza dello scorso anno c’è nebbia e fa ancora freddino, la Terra sta piano piano guarendo visto che ci siamo fermati tutti e l’abbiamo lasciata respirare, ha risposto con un gelido Inverno alla faccia del riscaldamento globale e questa Primavera fatica davvero tanto a donarci del calore, ma tanto…

A cosa ci serve?

 

MASCHERE

Di sorrisi son pieni gli obiettivi fotografici
Di sguardi ammalianti sono sazi gli specchi
Durante la routine giornaliera si brilla come il sole nell’alba rossa di Luglio
La sera in famiglia si è calorosi come il focolare in inverno
Quando cala la notte e l’oscurità la fa da padrona; nel proprio letto svegli, incapaci di chiuder occhio, schiacciati da quel gelo che attanaglia il petto
Stringendo tra la braccia il cuscino, quando finalmente possiamo esser noi stessi.

Scorrere inesorabilmente

In questa notte di Ottobre mi sento totalmente in balia di mille pensieri…

Ho cercato di essere forte per così tanto tempo nella mia vita che mi sono cucita, ma cosa dico cucita! Incisa! Una corazza di adamantio talmente resistente che gran parte della vita quotidiana mi scorre addosso, come scorre l’acqua di un torrente.

Alla fine è successo… Il 17 Agosto la mia mamma è mancata… Almeno so che adesso è con papi e so che ho due angeli al mio fianco in ogni singolo momento!

Non erano passati 9 anni da quando quella maledetta malattia ci ha strappato mio papà e poi come un fulmine a ciel sereno è arrivata e si è portata via anche la mia mamma…

Forse per lei 10 anni senza il suo più grande amore sarebbero stati troppi, forse nemmeno ci ha mai pensato, è la sfortuna? Il fato? O semplicemente la vita ha deciso così!

E poi ci sono io… Che ho 29 anni e mi ritrovo senza entrambi i genitori, con la sclerosi multipla che mi stringe la mano, anzi ultimamente mi sta sulla schiena tentando di schiacciarmi!

Ho la mia amatissima moglie e un fratello più grande che come me sta cercando di raccogliere i pezzi della sua vita.

Raccogliere i pezzi della propria vita che inesorabilmente scorre; le giornate procedono e non si sta sempre tristi, si trova il tempo per ridere e per distrarsi, ma qualcosa si è rotto e suppongo non si potrà più aggiustare…

Qualcuno è impazzito per questo! Qualcuno non ci pensa e altri ancora chissà come affrontano questo vuoto…

Io sono qui seduta sul divano, ho appena finito di fare la voltura della luce per decesso, sono sommersa da pratiche burocratiche tra successione, banca e bollette e per questa sera mi sono fermata a riflettere a provare ad analizzare tutto quello che è successo.

La malattia di mamma è stata davvero dura… Ha lottato come una leonessa finché ha potuto, ma la stronza l’aveva trasformata in un’altra donna; a tratti persino antipatica o comunque strana… Ricordo con magone una delle nostre ultime conversazioni dove avevo sentito ancora il suo calore e la presenza vera della mia mamma, poi purtroppo queste malattie annientano fisico e spirito e per quanto è sempre stata una combattente non è riuscita a vincere.

Mamma… Sono andata avanti come un automa, ho cercato di accudirti con tutta me stessa, anche sclerando in mezzo, sicuramente tu avresti fatto di meglio, ma tu rispetto a tutti avresti fatto di meglio, eri la migliore in tutto!

Facevi tutto per noi, per la tua famiglia e mi rendo conto di non valere nemmeno la metà di te! Mi ritrovo spaesata a dover affrontare le cose da sola, ad un certo punto è anche giusto, sono grande, sono una donna sposata, ma nonostante tutto da brava mamma chioccia hai sempre cercato di tenerci al riparo e di fare tu gran parte del lavoro…

I giorni del rosario, del funerale e la sepoltura, perché l’abbiamo portata al paese e messa vicino a papà come voleva lei… Sono passati quasi come un pigiama party (un macabro pigiama party).

La mia migliore amica, praticamente una seconda figlia per lei e una sorella per me, Rossella, era in Puglia per le vacanze ed è salita per stare con me, con noi e per salutarla un’ultima volta.

Mi ha raccontato che nei suoi ultimi giorni in ospedale ha ancora avuto la forza di farle la ramanzina sull’università e le ha fatto promettere di impegnarsi e finirla…

Sei unica mamma!!!

Avevamo deciso di dormire tutte insieme nella stessa stanza così abbiamo spostato il lettino della cameretta ai piedi del matrimoniale e alla fine mi sono ritrovata a dormire nel lettone con Rossella e a lasciare mia moglie nel lettino ai nostri piedi, con annessa cagnolina che faceva da spola tra la sua cuccia alla sinistra del lettone (il mio lato), sopra il matrimoniale e sul lettino; il tutto accompagnato da un caldo atroce di pieno Agosto e condizionatori accesi per non scioglierci! Il condizionatore puntava contro il lettino e Hele aveva deciso di sacrificarsi (per modo di dire visto che patisce da morire il caldo) e lasciare che l’aria le battesse sulle gambe, così io e Rossella abbiamo fatto le sposine e dormito nel lettone (con la coperta, perché dopo giorni di caldo e condizionatori sempre accesi la temperatura interna era tipo tundra versus deserto all’esterno!)

Sono stata in compagnia e nonostante il tragico momento abbiamo avuto anche occasione per scherzare e sorridere, soprattutto siamo state tanto insieme perché eravamo tutte e tre devastate…

Poi Rossella è tornata in Puglia per finire quel poco che le restava di ferie, Hele è dovuta rientrare a lavoro e io sono rimasta a casa con la pelosetta… Con questo nuovo sintomo dato dalla malattia: una sorta di bruciore alla gamba destra o alla schiena come se mi fossi fatta un’ustione da sole, come se non potessi tenere quello che ho addosso perché sono come escoriata/bruciata (simile appunto al fastidio della bruciatura da sole), ma ovviamente senza alcun arrossamento reale ne bruciature…

Adesso che inizia a fare freddo e non posso spogliarmi questa sensazione di bruciore sta iniziando a snervarmi!

Sto aspettando di fare le visite per iniziare una nuova terapia perché quella che stavo facendo non va più bene e nel mentre la sclerosi, la bastarda avanza e mi fa strani scherzi.

E quindi eravamo/ siamo io e Nora e cosa abbiamo fatto? Abbiamo iniziato a svuotare gli armadi, a sistemare casa…

Io e mia moglie dopo il matrimonio volevamo cambiare casa e averne una nostra, poi è venuta fuori la malattia di mamma e alla fine da sola non ci poteva più stare… Così siamo rimaste e ora ho potuto fare mia la casetta dove sono cresciuta, la mia casetta d’infanzia, un bellissimo sogno pieno però di ricordi che a volte fanno sorridere e a volte accoltellano nel profondo.

Volevamo tanto avere un posto tutto nostro da decorare come volevamo, che potesse parlare di noi!

Il poster di “The Walking Dead” con la scritta: ”Don’t open dead inside” sopra al bagno, i quadri di un albero che muta con le 4 stagioni, il quadro della ruota dell’anno, le foto delle nostre nozze, le lenzuola di Thor e Iron Man, la libreria del salotto divisa per generi, i dvd delle nostre serie tv a cofanetto completo… Ma a che prezzo?!

Sono felice di star costruendo qualcosa, non volevo farlo così…

Sono contenta di essere dove sono cresciuta, conosco tutti; la gente nel palazzo, nel quartiere e mi vogliono bene. Ripercorro posti dove ho miliardi di aneddoti anche solo mentre vado a comprare il pane, come quando sono caduta dai pattini proprio vicino al giardinetto, come reincontrare la catechista o la maestra delle elementari per caso al supermercato… E tutto questo è bello e mi dà calore e sicurezza, eppure allo stesso tempo ha un retrogusto amaro, amarissimo…

Rivedo mio papà seduto sulla sua poltrona in salotto (poltrona che nemmeno c’è più) e io che vado a dargli il bacio della buonanotte e gli intimo di abbassare la tv. Rivedo mamma che prepara uno dei suoi buonissimi piatti, uno qualunque sono sempre stati tutti ottimi (e la cucina non è nemmeno più la stessa), poi la rivedo nella nuova cucina, la sera che avevamo appena finito di montarla con ancora disordine in giro, Hele aveva cucinato la sua speciale carbonara e cosa se no per inaugurare la nuova cucina? E lei che ormai non riusciva a cucinare, ma nemmeno a stare in piedi seduta su quella specie di sedia a rotelle con il suo pigiama con i gufetti che aveva fanculizzato il suo brodino, si era seduta a tavola con noi e aveva mangiato la carbonara!

Rivedo tutto questo e vengo invasa da lacrime e sorrisi…

E sono qui… Sul divano della cucina avvolta in una copertina rosa… Ormai abbiamo praticamente finito di sistemare la casa a nostra immagine, parla di noi, di una coppia appena sposata, che sta comunque insieme da quasi 15 anni, parla del nostro passato ci sono le foto dei miei nonni e genitori, ma anche le sue foto da bambina e le foto dei suoi fratelli, noi alle superiori; vedo il mio passato e il nostro futuro e ora che mancano proprio solo più dettagli da sistemare mi sono fermata a pensare a quanto nonostante tutto la vita scorra inesorabilmente…

Dentro ci portiamo allo stesso tempo una tempesta e un lago che luccica al sole, ma lei scorre e continua a far girare la ruota del mulino imperterrita…

Pensieri del tutto sconclusionati

Quando chiedo ad uno dei miei amici di descrivermi con una parola usano spesso aggettivi come: “Forte” o “leonessa”!

Appaio così propositiva e risoluta, una vera guerriera. Una persona che cerca di non piegarsi alle disgrazie che le succedono, anzi che cerca di usarle come punto di forza e ispirazione artistica. Come una fenice che risorge dalle proprie ceneri sempre un po’ più forte.

Eppure ultimamente questa forza in me vacilla…

Caratterialmente sono un persona che cerca sempre di guardare il bicchiere mezzo pieno, di non arrendersi, di non pensare nemmeno alle cose brutte quasi sia il mio modo di proteggermi.

Poi mi prendono questi momenti di angoscia e vorrei solo poter restare distesa nel letto e non pensare a nulla!

Ho tanto parlato della lunga malattia di mia mamma, che poi è uscita vincitrice e che la medesima bastarda, invece ha portato via mio papà in tre mesi nel 2009.

Adesso mia mamma è di nuovo nelle sue grinfie! Ma questa volta la situazione è molto più grave, il cancro è al fegato ed è inoperabile.

La vedo giorno dopo giorno che fatica a fare qualsiasi cosa, non posso dire che non ci provi, anche se a volte lei stessa, a mio avviso, si demoralizza e si lascia andare… In ogni caso non è una situazione facile…

Mi ritrovo ad avere 29 anni e rischiare di perdere entrambi i genitori e mi sento incredibilmente sola in questa battaglia!

Ho sempre potuto contare su di lei per tutto, consigli, supporto… È sempre stata una mia grande amica oltre che una mamma e ora ci sono dei momenti in cui nemmeno è lucida!

Io non sto bene, quella stronza della mia di malattia (la sclerosi multipla) ha deciso di bloccarmi le gambe e ho completamente perso la sensibilità dalla pancia fino a sotto i piedi; mi muovo con una stampella… Per ora sto attendendo i referti di alcuni accertamenti per sapere se dovrò integrare con altre cure, oltre alla terapia che già faccio.

Non so dove sbattere la testa e a chi rivolgermi! Non sto bene, ma DEVO essere di nuovo forte, devo essere io che sorreggo tutto e tutti perché mamma non sta bene!

Mio fratello si agita, si preoccupa, mi sembra un tornado che non riesce a fermarsi e ad osservare la situazione da un punto fermo. Mia moglie mi dà il sostegno necessario, anche se non riesce a togliermi il peso che porto addosso, o forse sono io che non permetto agli altri di togliermelo quasi fosse solo mio e di nessun altro!

In tutto questo vedo la persona che si è sempre presa cura di me che sfiorisce giorno per giorno e contro il tempo tiranno e la malattia non ho poteri! Mi sembra di correre come un criceto in una ruotina; corro corro, ma non vado da nessuna parte!

Facciamo tante, tantissime parole, ma alla sera mi ritrovo seduta sul letto a fissare lo schermo del mio telefono e a sentirmi stanca, sola e senza fiato!

Sono forte, o faccio la forte, o sono forte davvero, ma anche i duri hanno bisogno di riposare un momento ogni tanto… Non lo so nemmeno io!

So soltanto che non penso di riuscire a tenere questa linea ancora per molto…

Quando gli altri parlano di me nelle loro parole è dipinta una donna di ferro, con le palle quadrate.

Mi guardo allo specchio e mi domando…

Ma quella donna c’è ancora nascosta da qualche parte dentro di me, o piano piano si sta completamente sgretolando?